Cozy fantasy. La magia può anche essere confortevole

Chi mi conosce sa che la parola “cozy” non mi fa impazzire. Un modo cool per dire accogliente...per me, bocciato. Tuttavia, proprio come tempo fa mi imbattei nella parola “cozy crime” (qui sotto uno spezzone di un mio vecchio post dove ne parlo), mi sono trovata di fronte anche al termine “cozy fantasy”. Ed è scattata la scintilla.

[…] Con "cozy crime" o "cozy mistery", si intendono quelle storie tipo Signora in Giallo, Colombo, Poirot…insomma, storie di omicidi, ma coccolone dove sì, muore qualcuno, però c’è sempre tempo per un tè.

Serie tv che guardi avvolto nella tua coperta in pile preferita, con il tuo gatto sulle ginocchia e la tua tazza di tè (per l’appunto) a fianco. In queste storie c’è sempre molto garbo, eleganza e una patina confortante…

Rinfoderate le spade, cavalieri: la lotta tra bene e male può aspettare. È tempo per un tè con pasticcini, ma magico.

Quando il fantasy è cozy come un paio di pantofole, però stregate

Il cozy fantasy è un sottogenere del fantasy che non conoscevo direttamente. Un filone che punta meno su battaglie epiche e più su atmosfere accoglienti, a tratti casalinghe oserei dire, ma sempre meravigliose e magiche.

Un esempio? Il Castello errante di Howl. Di Miyazaki? No, di Diana Wynne Jones.

Tutti conosciamo il famoso film di Studio Ghibli, ma pochi ricordano che è tratto da una trilogia della scrittrice inglese che ha influenzato altri autori del calibro di J.K. Rowling e Neil Gaiman.

Un frame del film “Il Castello errante di Howldi Studio Ghibli

Una trilogia che ho letto tutta d’un fiato piena di colore, di profumi, di atmosfere incantate, di personaggi a cui ti affezioni. Un mondo diverso, più confortevole, ma non senza pericoli, sia chiaro.

Dalla lotta contro la Strega delle Lande a quella contro un Jinn fino al mostruoso Lubbock: il male c’è sempre e va contrastato, non è un mondo tutto rosa e fiori (siete rimasti al Lubbock? Leggete l’ultimo libro, La casa per Ognidove, e scoprirete cos’è).

Tuttavia, non sono queste situazioni di pericolo il fulcro del racconto. Parlo infatti di una trilogia che instaura una certa intimità con il lettore. Dove i personaggi hanno i propri conflitti interiori da risolvere, ma tutto finisce per il meglio grazie al coraggio e all’ottimismo.

Perché leggere questo sottogenere letterario?

Perché a volte si ha bisogno di qualcosa di semplice e di un atteggiamento fiducioso verso la vita. Il tutto circondato da giardini meravigliosi e tirando fuori dalla credenza il servizio da tè, quello buono.

Che dire, è una lettura che vi consiglio. Soprattutto se, come me, avete voglia di rallentare e di rifugiarvi in un mondo fatto di cappelli incantati, fiori che non appassiscono e dolcetti che appaiono al solo bussare sul tavolo giusto.

“In cucina, bussa sul tavolo e dì “te”. […] il carrello era pieno di teiere, bricchi di latte, zuccheriere, tazze, focaccine, pattini di panna, piattini di marmellata, piatti di pane tostato con sopra il burro, pile di muffin e una torta al cioccolato.”

Vi sentite già più rilassati, vero?

Avanti
Avanti

Le mie parole per Attimo Green house